“Trovavo importante restituire valore alla parola attraverso la poesia, ma mi piaceva raccontare il poeta in maniera anticonvenzionale, farne uno che lavora come un fabbro ferraio o un manovale e stà lì a inchiodare e schiodare le parole, a avvilupparle, a buttarle via, a cancellarle e riscriverle dalla mattina alla sera per noi, per offrirci dei regali e consolarci un po'”
“Il film nasce da un sentimento, il sentimento di voler raccontare una furia d’amore, nel senso che l’amore non è ‘poeticume’ ma qualcosa che ti sbrana, che ti spinge in luoghi dove nessuno oserebbe mettere piede. Volevo una persona innamorata che facesse un atto estremo, trainata, trascinata, contorta dalla passione e senza che la persona amata ne avesse coscienza.
Mi piaceva offrire una prova d’amore straordinaria, inserendola, per contrasto, nello scenario più orrorifico, più insulso, incomprensibile dei nostri tempi. E raccontare una guerra personale più eroica, più potente di quella dei soldati seduti su un carrarmato imbracciando un mitra, malgrado sia condotta da un uomo piccolo piccolo su una sedia da barbiere con lo scacciamosche”
Nessuna ideologia. Perché il suo film parla nient’altro che d’amore, sentimento che richiede più coraggio di qualsiasi guerra. Attilio lo dimostra dall’inizio alla fine, concentrandosi in una battaglia personale (salvare la vita alla donna amata) che è motore del film e, insieme, un concentrato di emozioni più vicine all’epica che alla lirica
E’ quasi surreale l’arrivo nella città dal cielo limpido illuminato dai missili, la ricerca di medicine, ossigeno, cibo, in un luogo dove non c’è niente. La disperazione si trasforma in coraggio, l’impossibile diventa banale e, infine, reale. Quella di Attilio è una vera guerra, dove gli atti eroici sono continui e improvvisi, quasi folli.
Una disperazione accennata che fa da contrappunto alla sua solita, inconfondibile, vis comica. Un pathos che trasfigura la realtà, la rende inverosimile, poetica, comica e alo stesso tempo drammatica.
Un amore quasi trasfigurato, con una carica poetica sottolineata dalla musica di Nicola Piovani e dai versi di Montale, Neruda, Ungaretti, che lo stesso Attilio recita nel corso del film. «Lui stesso è un poeta – conclude il regista – come ogni artista supera tutti i pericoli, si muove con grazia, quasi addormentato e si avventura in zone sconosciute. La guerra è sullo sfondo, quasi solo evocata e proprio per questo il messaggio del film secondo me ha una forza superiore».